Le
strutture ad alto indice strategico, come le centrali telefoniche, è
bene che
Si
realizzino interrate, per proteggerle dai terremoti e da assalti terroristici
La
centrale telefonica di Catania, a Librino risulta interrata per un piano:
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-§1-RINFORZI
CON L’USO DI RIVESTIMENTO FIBRORINFORZATI
L’edificio
che ci ospita è un esempio di struttura altamente flessibile:
La flessibilità strutturale ha prodotto un aumento del periodo
proprio e consentito
di spostare la risposta
sismica verso valori di accelerazione Sa inferiori a quelli massimi.
La struttura, progettata nel 1978, non ha
subìto alcun danno per effetto del sisma del 13-XII-1990.
I punti critici potrebbero essere quelli di qualsiasi
altra struttura in c.a., ossia le fessurazioni del cls
sottoposto
a fatica rapida per effetto delle scosse sismiche o quelli relativi al normale
degrado del cls.
Per questo motivo le colonne in c.a. sono state
rivestite con tessuti FRP (Fiber
Reinforced Polymer)
in fibra al carbonio ad elevato modulo elastico, ricoperti di intonaco
resistente al fuoco, operando
così un confinamento passivo ai fini del
controllo del modulo di Poisson. ( CNR-DT-200/2004)
Tale tecnica ovviamente non corregge l’inerzia
flessionale ma la resistenza al taglio e alla pressoflessione.
-§2- INTERVENTO DI
ADEGUAMENTO SISMICO DI UN FABBRICATO DEL SIRACUSANO
DANNEGGIATO DAL SISMA DEL
13-XII-1990
Evidenti lesioni
a “X” sugli intonaci esterni e nei tamponamenti
e nelle tramezzature interne.
In
apparenza nessun grave danno strutturale.
Procedendo alla doverosa
campagna di ispezione delle strutture in c.a., si sono
rilevate varie
incongruenze ed anomalie costruttive, poi nascoste con gli intonaci:
Ispezione
delle travi e messa in luce di gravi anomalie costruttive
L’ispezione ha messo in
luce il degrado delle armature del c.a., anche all’interno
del fabbricato, dovuto
alla permeabilità del cls alla naturale aria umida.
Ispezione
nella mezzeria di una trave in c.a. col copriferro in apparente ottimo stato,
che mette in luce il degrado delle
armature inferiori.
Stesso
fenomeno riscontrato al nodo della stessa trave.
Il passo elevato delle staffe ha consentito la
microfessurazione, con conseguente
irruginimento delle armature per
eccessivo affollamento di barre, mal protette dal cls.
1998
- Intervento di rinforzo ai nodi, con blindatura della trave in lamiera
d’acciaio
che
supplisce alle carenze del modulo di resistenza della trave.
Ai tempi non era commercializzata la
tecnica FRP (Fiber Reinforced Polymer)
,
che comunque da sola non può
modificare l’inerzia della trave.
Interventi
di rinforzo in mezzeria e agli incastri
Priorità
al rinforzo delle travi del vano scala per tutta la loro lunghezza.
Inserimento della lamiera al
lembo superiore della trave precedente del vano-scal
a e bullonatura passante.
Bullonatura
della lamiera alla trave
La lamiera ad Omega supplisce alla carenza di armature tese e compresse e
alle
staffe, dotando la trave di resistenza a flessione e taglio.
Verniciatura
protettiva della lamiera
Inserimento
di lamiere piatte all’estradosso delle travi di copertura e loro
bullonatura.
Le piastre metalliche suppliscono alla carenza di resistenza alla
flessione per i
momenti negativi agli incastri.
Particolare
della bullonatura della lamiera con dime di rinforzo in corrispondenza
della
bullonatura.
-§4-
INTERVENTI SUI PILASTRI
INTRODUZIONE
DI APPARECCHI LIMITATORI DI TENSIONE
Per supplire alla carenza di armature
dei pilastri, in entrambe le direzioni e limitare
le tensioni ai valori ammissibili di
progetto, si è reso necessario adottare un criterio
che consentisse alle vecchie sezioni di
limitare il loro tasso di lavoro ai valori di
progetto, affidando il sur plus di
sollecitazioni alle lamiere ad “Omega”, che di fatto,
aumentano il braccio di leva delle
armature in entrambe le direzioni.
Le lamiere sono state applicate su
entrambe le facce dei pilastri e poi imbullonate tra loro.
Gli interventi tradizionali
consistenti nel rivestimento delle superfici dei pilastri con nuovo c.a. di
spessore s=15 – 20 cm , risulta di dubbio funzionamento, in quanto è
il vecchio materiale a continuare a sopportare le sollecitazioni permanenti e
il nuovo c.a., da solo non potrebbe sopportare, essendo questo progettato per
sopportare le flessioni e il taglio.
In ogni caso occorre collegare con
spinotti metallici passanti in orizzontale il nuovo c.a. con il vecchio, previe
forature e poi sigillature.
deterioramento del cemento armato.
Il seguente articolo è (tratto dal sito della Elkinet)
Sappiamo oggi che questa materia
artificiale, un tempo considerata "eterna", è caratterizzata
invece da meccanismi di equilibrio interno assai delicati: una anche lieve
diminuzione del valore pH - p. e. per azione di gas acidi e di cloruri -
innesca complessi fenomeni di:
- corrosione delle armature con formazione di
ossidi
- aumento di volume della massa ferrosa
- tensioni disgregative nel copriferro
- peggioramento progressivo dello stato di
degrado.
La mancata durata del cemento armato è
riconducibile a due cause principali:
- la carbonatazione del calcestruzzo
- i cloruri presenti nel calcestruzzo.
Il processo è intuibile ed inizia dalle
crescenti quantità di anidride carbonica nell'aria che riducendo il
valore alcalino del calcestruzzo, indeboliscono la superficie del copriferro.
Altro fattore di degrado deriva dai sali aggiunti con funzione antigelo
già in fase di gettata del calcestruzzo o sparsi su molte strutture
prima del periodo invernale o ancora, presenti in prossimità del mare.
Anche la produzione industriale di materie plastiche derivate dal cloro (p.e.
PVC) determina la rottura della pellicola di ossido e l'aggressione ai ferri
interni dell'armatura con un ritmo di corrosione più elevato di quello
indotto da carbonatazione.
Ora accade che fra sali ed umidità
ambientale avvenga una reazione chimica che produce acido cloridrico, potenziale
elettrochimico capace di determinare celle elettrolitiche sull'armatura del
calcestruzzo con tensioni variabili di oltre 0,4 Volt.
Un trattamento capace di bloccare l'azione
dell'anidride carbonica e dei cloruri dovrebbe essere effettuato prima che la
carbonizzazione raggiunga l'armatura e preferibilmente ancor prima che i
cloruri penetrino in misura massiccia nel cemento. Spesso è troppo tardi
per poter solo rivestire la superficie con una protezione. Il più
frequente tipo di riparazione "a toppe" (anche detto
"passivo") può aggravare nel tempo l'estensione dei danni in
quanto comporta differenze di potenziale elettrico. Infatti il nuovo cemento
applicato dopo un'accurata pulizia mediante abrasione elettromeccanica e
spazzolatura, è a pH 12-13, valore decisamente maggiore di quello
presente nel manufatto (pH 3-4). La malta rinnovata si ritrova a contatto di in
un ambiente diverso e l'armatura - contornata da cemento contenente cloruri -
influenza la zona sottoposta alle riparazioni trasformandole in vere
"piccole batterie", cioè nuovi punti di corrosione.
La moderna tecnologia risale invece a monte e si
concentra sulle trasformazioni elettrochimiche che stanno alla base dei
meccanismi corrosivi. La soluzione prospettata è una protezione catodica
basata sull'immissione nella struttura di correnti a bassa tensione ed
intensità. L'armatura diviene catodo (polo negativo), mentre la
protezione anodo (polo positivo). Creatosi un passaggio di corrente nel
calcestruzzo da anodo a catodo - in presenza di umidità elevata il
calcestruzzo si comporta come un elettrolito - si blocca la corrosione: con le
correnti elettriche indotte l'umidità esistente viene spinta verso
l'armatura, resa polo negativo, ed in sua prossimità si scinde in
idrogeni e ioni OH, con ripristino della alcanizzazione dell'infrastruttura.
Così, anziché asportare tutto il calcestruzzo carbonato,
collegare all'armatura una messa a terra e ripristinare le spigolature. Previo
controllo di continuità, si eliminano eventuali cortocircuiti ed i ferri
restano elettricamente negativi. Le correnti elettriche in gioco hanno tensione
di 1 Volt e intensità iniziale di circa 2,8 mA per m², poi
assestata su 1,5 mA per m².
Il sistema brevettato
Elkinet, adottato nell' Intervento
di Risanamento del Battistero di San Giovanni in Laterano, si basa sul fenomeno
dell'elettro-osmosi che comporta, come conseguenza del passaggio di corrente
elettrica continua in forma blanda, attraverso una soluzione salina, una
migrazione di materia verso le superfici murali. Il moto di risalita dell'acqua
forma, infatti, un potenziale di corrente elettrica dovuto al flusso di
antigravità e crea quindi un campo elettrico naturale. Il principio del metodo
consiste nell'invertire il flusso di acqua dal terreno (polo positivo) verso la
struttura del muro (polo negativo) e applicare un campo elettrico esterno con
corrente a bassa tensione ed intensità.